martedì 16 novembre 2010

Spencer > Spiderman

Che lacrime, signori. Finito ieri :__(.

E' il gioco più "Capcom" degli ultimi anni, pur essendo stato fatto da terzi : D.
Assurdo!


Questo Bionic Commando è indubbiamente contraddistinto da molti limiti ed una cura per il particolare spartana ed altalenante. Al porto, ad esempio, un checkpoint intermedio non ne voleva proprio sapere di attivarsi... ho dovuto rifare più volte il livello fin dall'inizio; poi, ad un certo punto, è "scattato" casualmente con somma sorpresa e sospiro di sollievo annesso. Alla luce di questo episodio vien quasi da pensare che la cadenza (generalmente) schizofrenica dei punti di salvataggio non sia frutto di scelte bislacche, quanto di bachi veri e propri del codice... mistero.
Più avanti, medesima location, si prospettava di lì a poco una battaglia tostissima contro due 2 mech, supportati da fanteria assortita.

Setting: un budello di capannoni a strapiombo sul mare.

La ciliegina sulla torta: la mancanza totale di un equipaggiamento adatto per fronteggiare la situazione x___X. Il PANICO, nella sua incarnazione più viscerale.

Dopo innumerevoli tentativi, nei quali mi sono barcamenato tra innocue pistolettate e provvidenziali bordate per mezzo di lamiere, bidoni, corpi inanimati dei soldati, scagliati contro quei fottuti ammassi di metallo, il sagace Big Joe decide finalmente di recapitarmi il Razzetto della Salvezza™ (bazooka a ricerca inside)... grazie all'aggeggio ovviamente è stata pura formalità poi concludere la sfida. Spingere il bottoncino rosso un po' prima no, eh?


Eppur si ama, via.
Li perdono per quel chiaror di luna sotto il diluvio universale, che non credo dimenticherò a breve e... non solo per questo.
Nonostante le occasionali leggerezze summenzionate devo ammettere che Grin ha saputo toccare le corde giuste di noi vecchie guardie. Sia stilisticamente che come impostazione alle voci giocabilità e level design credo che l'influenza maggiore sia rintracciabile in Halo, nelle sue coreografie di ampio respiro e, nondimeno, nel suo porre un'attenzione ossessiva sull'accompagnamento sonoro, spaziando così tra marce militaresche e componimenti epici, fino a tonalità sonore più tenui, votate alla contemplazione pura. Questi sono gli elementi che balzano immediatamente all'occhio ed all'orecchio, ma a rendere analoghe, in modo quasi indistinguibile, le due produzioni Grin/Bungie è soprattutto una comune filosofia ludica che, facendo perno sulla libertà interpretativa e su pochi, ma validi, elementi di gameplay, non fa altro se non porre il giocatore al centro del campo di battaglia. Un unisono tra giocabilità emergente e decisionismo, tra azione e conseguenza. Ne consegue, com'è stato già tratteggiato precedentemente in questo stesso thread, un'esperienza di gioco che sì, fa molto affidamento sull'indole scenografica del suo maestoso impianto tecnico in perfetto accordo con le consuetudini del mercato contemporaneo, ma che allo stesso tempo si lascia giocare in maniera molto trasparente, quasi istintiva una volta che si è metabolizzato il funzionamento di interazione e controllo tra il protagonista e l'ambiente di gioco, i nemici e gli elementi di contorno. In una parola: retrò!


Il cosiddetto potenziale inespresso.
Libertà d'azione infinita inscritta in un percorso finito. Il miglior compromesso che, al giorno d'oggi, tecnologia permettendo, il Videogioco sia riuscito a sintetizzare in termini evolutivi. Laddove però Bungie ha sempre curato nei minimi particolari le proprie creature, Grin non è stata all'altezza. O, più probabilmente, non ha avuto la necessaria quantità di tempo e forza lavoro per dare forma compiuta al suo Bionic Commando (ipotesi molto probabile col senno di poi). Il quale nei suoi frangenti più ispirati è in grado di prende un qualsiasi gioco di Spiderman (e qui vabè, non ci vuole molto...) piuttosto che il ben più blasonato Arkham Asylum e le sue impacciare fasi di volo, facendone poltiglia ed al contempo lasciando intravedere cosa di inesplorato ed affascinante il videogioco abbia ancora da offrire. Ciò grazie innanzitutto alla straordinaria intelligibilità dei quartieri di Ascension City (solo apparentemente disordinati/disastrati, in realtà è sotteso un lavoro di proporzionamento e dislocazione quasi sempre magistrale ) che, in tandem con l'ingegnoso sistema di controllo, riescono ad interfacciarsi direttamente con la parte più istintiva del cervello, saltando a piè pari il suo lato cosciente. Della serie "ma l'ho fatto davvero io, questo?" :-|


Affascinante, ma ahimè incompleto : (.
Probabilmente il retroscena di sventura che ha caratterizzato la joint venture tra Giappone e Svezia aumenterà ancor di più, col tempo, l'aura da "tesoro sepolto da riscoprire" che già ora contraddistingue questa perla scheggiata. Un po' come accaduto per pellicole quali il Corvo, o il più recente Cavaliere Oscuro, per capirci.

Cionondimeno è struggente pensare che non avremo mai un epilogo filologicamente autentico, e perché no, contemporaneamente, una versione riveduta e corretta del concept originario.

Perché poi... caspio, non puoi darmi in pasto QUEL finale e contemporaneamente abbozzarmi

spoiler:
un e-p-i-c-o rimando di Evangeliana memoria, proprio sul filo di lana
e poi lasciarmi così, con un palmo di naso : S.
E l'altro giorno se n'è andato pure Inafune, destino ingrato ;___;.

Vabò, sotto col Rearmed. Amara ma (immagino) degnissima consolazione.
Salut, mes amis : (.

mercoledì 8 settembre 2010

Mafia 2

Sette-otto anni fa bastava una città ricreata in scala reale per destare sorpresa e ammirazione, oggi ovviamente non più. Dispiace certamente constatare che tutto il popò di lavoro che gli Illusion si sono smazzati per "fondare" virtualmente Empire Bay giaccia inutilizzato, ma i problemi di Mafia 2 risiedono altrove.


Due erano i pilastri granitici su cui reggeva l'originale, mission design e sceneggiatura, ai quali faceva a loro volta da fondamenta un'impostazione di estrazione simulativa per ciò che concerne il gameplay. Ciò che si sperimenta in Mafia 2 è un surrogato di questo trittico virtuoso: e se il mission design pare costantemente sul punto di decollare, senza però mai finalizzare e raggiungere così le vette sopraffine del 2003,

spoiler:
emblematico il caso del carcere, un potenziale straordinario disperso, affidando integralmente il capitolo ad un sistema di combattimento a dir poco ignominioso,
: (


trama e cast alternano buoni spunti (e personaggi) iniziali, a trovate di ripiego centrali, chiudendo poi il cerchio in un triviale susseguirsi di colpi di scena, che non fanno altro se non elidersi vicendevolmente, nullificando completamente lo scopo per cui sono stati inizialmente concepiti.
Assolutamente nulla a che vedere col ritmo cadenzato alla perfezione e il genio che caratterizzavano la parabola del buon vecchio Tommy. La quale si impadronì al meglio dei tratti distintivi del cinema di genere, padroneggiandoli e "distillandoli" in formato ora narrativo, ora soprattutto... visto che si parla pur sempre di un videogioco... ludico.


Veniamo ordunque al terzo ed ultimo elemento critico del pupillo di 2K: vale a dire un'involuzione su tutta la linea dell'aspetto simulativo. Non deve essere necessariamente vista in ottica negativa; purtroppo però, così com'è stata applicata, è chiaro che alleggerisca eccessivamente la profondità dell'esperienza giocata, compromettendone la varietà e la validità rispetto alla formula apprezzata precedentemente.
Elementi come il depennamento completo del caricatore appena sostituito, l'intransigenza della polizia ad ogni passaggio col rosso, l'ingordigia dei rozzi motori a scoppio delle auto d'epoca, un sistema di trasporto pubblico perfettamente funzionante che ha anticipato di almeno un lustro quello di Grand Theft Auto 4, sono tutti "paletti" o tasselli di gamedesign a prima vista, rispettivamente, draconiani e/o secondari, ma che chiunque abbia giocato Mafia sa bene quanto possano dare dimensione e solidità. La differenza che passa tra un organico micro-cosmo simulato con dovizia di particolari e ameni agglomerati poligonali che si arrogano impropriamente la nomea d'urbe. Per ciò che concerne il sostrato action l'applicazione tecnica, pur magistrale, di coperture (una volta tanto funzionano a dovere) ed energia ricaricabile (con un cap che si degrada progressivamente) non riescono purtroppo a risollevare un'azione di gioco priva di mordente e sostanzialmente ripetitiva, anche per via di un'intelligenza artificiale tutt'altro che aggressiva. Testimonianza ne è data dal livello di difficoltà che, anche ad Hard, una volta padroneggiati i fondamentali di ingaggio e copertura, difficilmente impensierirà il giocatore.


Non posso far altro a questo punto che quotare il mio solito intervento di qualche tempo fa (ahimè profetico), riassume alla perfezione quanto detto fino ad ora:
Sicuramente Mafia 2 sarà degno di essere giocato, ma potrebbe rivelarsi ridimensionato proprio in ciò che -ribadisco- rese così speciale il prequel; sicché, tutti gli aspetti che otto anni fa passarono AMPIAMENTE in secondo piano, ora riemergono in tutta la loro perniciosità.
E degno sì che lo è d'essere giocato, nonostante tutto.
Per una direzione artistica e-c-c-e-z-i-o-n-a-l-e che, come nell'originale, fa di ciascun cambio d'ora, condizione climatica o stagione, un potente vettore espressivo, senza dimenticarsi ovviamente dell'impeccabile ricostruzione dello stile, degli usi e costumi d'epoca. Per una colonna sonora (no, non parlo delle radio ; D) che credo non abbia bisogno di alcun elogio scritto.

L'autentico motivo principale però, che rende Mafia 2 IRRINUNCIABILE, è solo uno. Degno di essere menzionato nei manuali di gamedesign, se mai ce ne fossero/ce ne saranno.
Chi lo ha portato a compimento sicuramente avrà già capito a cosa mi riferisco e chi non ha colto, beh... peccato per lui, significa che ha una lacuna che andrà colmata quanto prima : ).

The Road

Finalmente sono riuscito a vederlo, dai commenti letti ero galvanizzato e tanto la realizzazione, quanto la recitazione in effetti centrano in pieno l'obiettivo.


La prima riesce a rendere percepibile in prima persona l'agonia di un pianeta sfiancato dall'idiozia di pochi, per la sofferenza di molti. La seconda regge senza esitazioni lo svolgersi degli eventi: Mortensen ovviamente, ma anche il bambino, Duvall (encroyable! : D), la Theron, Pearce e perfino i ruoli secondari ( i cannibali, bestiali; il ladro... empatia portami via, la coppia armata di arco, credo di aver citato tutto il cast, sono quattro gatti alla fin fine : D) alimentano con prestazioni assolutamente autentiche, sentite, sofferte, l'ammorbante cappa di pessimismo e sfiducia verso la specie umana che permea incessantemente il viaggio di padre e figlio.

Un successo su tutta la linea dunque?
Direi purtroppo di no e se messa in opera e prestazioni del cast brillano di luce propria, altrettanto non si può dire della sceneggiatura.
Non avendo avuto (ancora? quasi-quasi : P) occasione di leggere l'opera originaria, non posso che limitarmi a considerare The Road nella sua declinazione cinematografica ed in quest'ottica è impossibile non ravvisare una sorta di disonestà intellettuale da parte del regista (o addirittura dello scrittore? boh : P) nell' indagare tematiche indubbiamente scomode, senza però avere il coraggio di andare fino in fondo.
E' quel genere di cose che, personalmente, odio...


Come altro interpretare, altrimenti, le seguenti tappe del viaggio?

spoiler:
-L'abbandono della famiglia da parte della madre in stile "alone in the dark"? Un po' troppo gratuita, fumosa e inconcludente come uscita di scena... mi è giunto inoltre all'orecchio che in origine questo personaggio era solo vagamente tratteggiato, senza entrare a far parte direttamente della vicenda. Hillcot in altre parole avrebbe fatto molto meglio a seguire pedissequamente le direttive del libro, ma probabilmente l'agente della Theron non era dello stesso avviso, vabbè :__D. Maldestro.
-La sequenza del ladro. S-t-u-p-e-n-d-a... se non fosse stato per l'epilogo politically correct. Un'idiozia completa e pure cross-mediale :__D : verso il ladro (già bello che cotto a puntino al momento in cui la coppia restituisce i lmaltolto), verso sé stessi (che spreco!), verso lo spettatore (caduta di palle collettiva). Coitus interruptus.
-L'improbabile fuga dalla casa dei cannibali grazie al diversivo fortuito della "riserva di carne impazzita". Lasciamole a Bay certe trovate estemporanee e no, non credo di esagerare dato che questo passaggio risaltava (in negativo) come un faro nella notte. MEH.
-La dipartita del padre. Qui, al contrario, troppo poco pathos! Il regista è riuscito nell'impresa impossibile di alienare completamente lo spettatore rispetto alla sorte del protagonista. Cosa che proprio non mi spiego, visto che per un buon tre quarti della pellicola sono stato in costante apprensione per il buon Viggo. BOH.
-La coppietta madre-figlia in Prada che corre per colline verdi. WTF.
-Il finale, of course. Ecco... questo mi ha fatto davvero male, ma in accezione dispregiativa. : (

Dovrebbe essere tutto. Vado a concludere.
In linea generale mi è piaciuto, con una prima metà praticamente perfetta, peccato che sia mancata una direzione illuminata, che badasse poco o nulla ai dogmi hollywoodiani non scritti. La giusta via sarebbe stata quella precedentemente tracciata dal terribile, ma indimenticabile "Una tomba per le Lucciole" che, incredibile dictu, è stato partorito nientemeno che dallo studio Ghibli.
Coloro i quali abbiano avuto occasione di visionare tale capolavoro dell'animazione giapponese, proprio grazie a questa citazione, capiranno e (azzardo, in modestia) apprezzeranno la mia critica a The Road, dico male? : )