lunedì 21 novembre 2022

Bayonetta 3

 Finito. [20/11/2022]


Dmc1:Dmc3=B1:B3

Non ci sarebbe in realtà molto altro da aggiungere. 


Si capisce come abbiano passato gli ultimi anni, basta ruotare le armi e con ciascuna premere e tener premuto B.

Lo stesso principio sfaccettato innumerevoli volte, mai uguale a se stesso eppur intuitivo, soprattutto efficace. 


È inaspettatamente asciutto, a vantaggio del ritmo e della varietà. 

Il secondo era sempre a mille, finendo ben presto per assuefare. Ora sai che dai botti non ti separano mai troppi minuti, eppure il gioco sa ritagliarsi i propri tempi. 

I tempi ma anche gli spazi. DmC5 era tacciato, giustamente, di lacunosità nel level design, in Thule assume un ruolo determinante. Non si può più parlare di collante tra arene: l'esplorazione è organica e riesce soprattutto a stimolare l'utilizzo in chiave tridimensionale della mobilità di Bayonetta, al punto da far risultare fuoriposto le arene e chiedersi se non sia venuto il tempo di scardinare definitivamente questo tabù. 

Nella 'prossima generazione' cit. : ). 


È un lavoro di cesello. 

Come avessero sfruttato ogni millimetro residuo disponibile della forma fattore messa in piedi da Mikami; guardandosene bene dunque dallo sforarne i bordi, non per questo privandosi del piacere di sorprendere sul dettaglio minuto. Nell'era dell'ssd può far scappare un sorriso, eppure riuscire a non spezzare il fil rouge avventura<>tutorial<>prova è una dimostrazione di lucidità che testimonia come ben più di qualche cervello graviti tuttora per i locali di Platinum.


Il bilanciamento segna invece il passo del gambero rosso. Come espressi qualche tempo fa e riconfermo ora. 


È come se mancasse del tutto un livello di difficoltà, quello più alto, e che i rimanenti si assestino comunque una tacca sotto il capostipite. 


Così com'è, gli scontri si distinguono certo per varietà, si può dire tranquillamente non ne esista uno uguale ad un altro, ma il loro indiscutibile estro viene spesso ridotto a formalità per via della mancanza di sfida. Una forma di resistenza si trova spesso nelle prove più che per strada, nelle quali si impara davvero a (o ci si ricorda come) giocare. 

Qualche spunto di riflessione... 

A chi dovrebbero occorrere esattamente i consumabili, quindi il crafting, quindi le risorse? 

Perché i checkpoint ripristinano completamente l'energia? 

Perché i boss multifase sono in genere più facili dei boss a singola fase?


Qualche riserva andrebbe mossa anche sull'asetticità della narrazione, ma credo non importi proprio a nessuno :'D. 

Eppure il capostipite aveva carisma ed è grazie a questa componente se il brand si è cementato nei ricordi e pubblico e addetti ai lavori hanno desiderato che si perpetuasse : ). 

In particolare sul finale ho percepito un'accelerazione repentina, ma è in generale che mi sembra ci fossero poche idee o forse poca voglia di sporcarsi le mani raccontando, scarso trasporto su personaggi e vicenda tout court. 


L'equazione iniziale è fedele nel rappresentare anche i rapporti di rilevanza tra i capitoli. I rispettivi primi si distinguono tanto per evidenti ruvidezze, quanto per un carattere più marcato, caratteristico, laddove i seguiti cedono in personalità e guadagnano in raffinarezza, perfezionando l'esecuzione.


domenica 12 luglio 2020

The Last of Us Part II

Un' odissea [finito l'11/07/2020].

[spoiler vari, ma rigorosamente sotto tag : )]


Ho creduto fosse sicuramente la fine almeno in tre occasioni e ogni volta sono stato smentito dal nerbo di ND.

Pochi dubbi sul fatto che non sia stato lasciato nulla di intentato. Se qualcosa è nominato, prima o poi si paleserà, in una forma o nell'altra. Questo crea sicuramente un senso di cambiamento, quindi di movimento tra luoghi, vieppiù rinforzato dal cosiddetto fenomeno della profezia autoadempiente (nondimeno, chiaramente, anche da come e con quale dettaglio questi luoghi siano stati rappresentati).

Allo stesso tempo non si può affermare che gli eventi siano prevedibili, in tal senso è letteralmente geniale il tiro mancino
spoiler:
del trailer dell'e3.

È un bene che il tono generale, ciò che vien detto, la recitazione abbian mantenuto la pacatezza e l'eleganza dell'originale, alfiere  di una narrazione mai necessariamente sopra le righe e nonostante tutto incisiva.

Un piccolo passo nell'ordine generale della narrativa, uno gigante per il videogioco.

Su questo versante ND ha vinto con me, e forse ancor di più che col prequel. Non l'avrei mai detto, poiché è stato un processo molto lungo e complesso, ma alla fine, anzi... proprio alla fine
spoiler:
ho provato pena, e poi sollievo, per quella strana coppia, scampata contro ogni previsione alla mattanza.

Ed è proprio definibile come tale: mattanza. Un processo di catarsi dell' "eroina" che in realtà è, suo malgrado, una povera psicopatica. Piegata e piagata dalla vita, ma anche e soprattutto dalla prospettiva con cui si pone rispetto al proprio trascorso. Il sottotesto è chiaro.

Ma in fondo è un processo umano, se non infantile: quello che la porta ad incedere come un ariete, non importa chi o cosa si frapponga. E per questo comprensibile (condivisibile, non direi).



È stato un viaggio lungo, arcigno, mai banale, ma attraverso il quale non sono mancati grossi inciampi.

Fortunatamente l'uncanny valley alla quale mi ero già preventivamente rassegnato non si è mai davvero manifestata. La recitazione è sofisticata, più che in passato, non ancora totalmente credibile, ma altresì riesce a non cadere nel baratro nero che paventavo.
Per fortuna mi sono sbagliato, sarebbe stata una tortura.

Sono due e mezzo le cose che invece hanno scheggiato la pietra preziosa, ridimensionandone la portata.
Due cose e mezzo che in realtà sono sintetizzabili in un'unità critica: la montagna narrativa che partorisce il topolino ludico.

Sette anni in lavorazione, ma il gamedesign non ha subito una singola, significativa evoluzione.
C'era già tutto su Ps3, compresi i limiti della formula.

Torna in auge la vecchia critica, tale e quale: compartimentazione.
Non di arti : ), bensì di principi di gamedesign.
E se quelli più votati all'esplorazione hanno pur sempre il loro perché, i segmenti d'azione emettono fin da subito sentori insopportabili di cancrena.  L'assurdo è che, presa a sé, la cosa funziona e pure bene: è brillante soprattutto che la colonna portante di ogni arena sia l'esplorazione (ridotte ai minimi termini, si tratta di labirinti in cui giocar a nascondino e trovar l'uscita).

La parola chiave purtroppo però resta 'arena', che a sua volta richiama il pernicioso, abusato concetto di copertura. I milioni di Sony, l'incredibile mancanza quasi totale di copincolla e le pur interessanti ed ingegnose varianti, introdotte con ritmo cadenzato ed implacabile, non bastano a sanare la normalizzazione da sparamuretto impressa sul level design.
C'è una onnipresente sensazione di già giocato, un'imperante clima di monotonia e soprattutto si riesce a prevedere dove il gioco vada a parare. Spiacevole.
Era l'uno.

Alla faccia del 'Naugthy Dog e la perfezione della forma'.
Capisco la complessità in essere, ma da chi ambisce al vertice è giusto pretendere.
E questo gioco, pur essendo d'impronta classica, con certamente meno variabili in atto rispetto a generi di gioco più elaborati, è nonostante tutto afflitto da imperfezioni e bug. Su base costante.
In un costrutto che fa del realismo e dell'immedesimazione la sua ragion d'essere, tali criticità sono un cancro.
Alcuni esempi:

- ho assistito a una Dina partire come uno SpaceX attraverso il soffitto, così tanto per.
- saltando da un cornicione sono finito dritto incastrato dentro un albero e ho dovuto ricaricare venti minuti di scontro,
- mi sono bloccato per un'ora perché qualcuno si è dimenticato di rendere interagibile una fune in modalità no-hud. Quando sono andato nelle opzioni, attivato la voce e visto comparire il triangolino sulla corda sono rimasto incredulo. Sapete cosa significa? Che nessun tester ha giocato dalla A alla Z in questo modo. Nessuno. Complimenti.
- ho osato andare un po' lungo (diciamo di due metri) in una delle sequenze madri, e il mare ha iniziato a clippare come non ci fosse un domani. Evidentemente si eran dimenticati l'ennesimo muro invisibile : D. Belle cose.
- Motion matching, gran bello slogan pubblicitario ( : .

Intendiamoci, Part II è certamente sopra la media, solo... non al vertice. O forse lo è, ma solo nelle cutscene.

In gioco, invero, gli incespicamenti sono la norma: vuoi perché il personaggio non è esattamente dove dovrebbe, vuoi per una collisione col terreno non prevista, vuoi per bug (ieri il personaggio mi si è bloccato per 20 secondi buoni davanti a un cassetto e poi tutto di un colpo è scattata l'animazione accelerata) io non sono proprio riuscito a vedere alcunché di armonioso in Seattle e dintorni, su questo fronte.

Altrove si fa decisamente (d-e-c-i-s-a-m-e-n-t-e) di meglio, da anni, e per di più in contesti di gran lunga più sofisticati ed imprevedibili...
- Rendering degli antagonisti: da signor nessuno, secondo me si poteva far di più. Pose ed espressioni da bambolotti...

Era il due.


La mezza invettiva finale è tale perché entra nel merito del design di gioco; cosa che generalmente non mi piace fare, ma che in questo caso trovo essenziale menzionare.
A distanza di un'intera generazione, ad un accrescimento sostanziale della fedeltà audiovisiva non è per nulla corrisposto un miglioramento dell'esperienza interattiva.

Si diceva dell'assenza pressoché integrale di riciclo di materiale grafico; un risultato eccezionale, praticamente folle, ma che ha avuto un costo pesante proprio in termini di evoluzione della serie: siam sicuri che 'niente copiaincolla' sia un risultato auspicabile se poi fa il paio con 'niente interattività'?

Arrivo al punto, cercando di chiudere il cerchio.

Naughty Dog è una software house che ha radici profonde, che vanno indietro agli albori del videogioco tridimensionale. Vive una contraddizione apparentemente insanabile: lanciata nel futuro come nessun altro a livello di rappresentazione digitale, di contro sceglie (sceglie!) di rimanere aggrappata a dogmi ludici tradizionali, financo obsoleti.


La mia, umile: liberissimi e grazie per settimane che rimarranno indelebili, ma personalmente preferirei più coerenza e coraggio. Non che non ce ne siano stati, ma non abbastanza dove conti.

Sarebbe più bello osare su ciò che il videogioco ha di unico. E se non lo fa gente come questa, chi altri?

sabato 27 luglio 2019

Dark Souls 3

La fine del fuoco. [26/07/2019]

Un buon data disk, come lo è stato il secondo (che -a tratti- gli ho perfino preferito). Ma entrambi accessori e, soprattutto limitati nelle possibilità dal voler compiacere la propria grossa nicchia, dimenticandosi cosa innescò l'esplosione di Demon's e Dark Souls, dando vita ad una nuova tipologia di interazione online. Dentro e fuori dal gioco.

Il cripticismo e quella che definirei una "vocazione simulativa ponderata" (per i detrattori sarebbe 'trial & error').

Sul primo elemento, passa eufemisticamente una certa differenza tra il dover dedurre come funzioni un oggetto e leggerlo. Diciamo che cambia totalmente l'approccio all'esperienza. E' l'atteggiamento conservatore: lo status rimane invariato, ma essendo uguale a se stesso, a quel punto vale anche la pena ingentilirlo. Un modo elegante che sta per: normalizzare, in ultima istanza: impoverire : ).

Sul secondo punto, forse quello che più di tutto mi ha fatto male.

La cosa è covata in tempi non sospetti, nel superbo Bloodborne e il suo level design ad "anelloni". Là era la prima volta, c'era un estro che portami, era uno spinoff. Bene così. Ma già su ps4 il concept mostrava -alla lunga- i limiti, se non altro perché il giocatore con un attimo di sale in zucca riusciva a prevedere dove il level designer andasse bene o male a parare.

Esattamente come la mancanza di ermetismo, anche la prevedibilità è un cancro nei Souls. E il terzo episodio della saga ci casca mani e piedi.


  • Non più palle di cannone alte sino al soffitto che rotolano giù per le scale.
  • Non più il demone capra nello sgabuzzino (ma allora non più anche alle pareti di nebbia, che ormai hanno perso del tutto il loro attributo ansiogeno).
  • Non più riattraversare a piedi le profondità, le fogne, il borgo, la palpitazione per raggiungere il falò, perché manco sai che cavolo facciano gli ossicini (ammesso che li si abbia).
  • Non più le tombe dei giganti, dove scendi, scendi, scendi, scendi, scendi, scendi, ma un cazzo di falò, scendi, scendi, scendi, scendi e, semplicemente , muori perché il falò c'era sì, ma in un buco dimenticato da dio.
  • Non più affidare il minerale al fabbro mio omonimo, sperando vanamente di azzeccare l'upgrade giusto. Tanto puoi resettare tutto, ma tanto anche chi se ne frega... i minerali piovono dal cielo : ).
  • Non più maledizioni che ti facciano maledire il cielo, la terra e tutti i santi. Alla peggio è respawn, in 10 secondi fai il giro dell'anello e via fresco come una rosa.
  • Non più Sen Fortress.
  • Non più Bed of Chaos (o magari anche sì, ma tappezziamo la vetta con how to)


Ma oltre a queste due componenti, andate deliberatamente perse del tutto, ai sequel mancano anche e soprattutto quei guizzi artistici arditi che hanno impresso nell'immaginario collettivo personaggi, luoghi ed eventi.

Per citare alcuni tra i più iconici:


spoiler:
Stanlio & Ollio
Blighttown
IL passaggio da sotto a sopra.

Il meglio che Miyazaki è riuscito a fare, tornando (svogliatamente) al timone, è stato rielaborare o addirittura iniettare direttamente gli ingredienti speciali di Lordran in Yharn... pardon Lothric.

Senza scomodare il caso più eclatante che non credo sia nemmeno necessario menzionare, porto un esempio più semplice, dal DLC:

spoiler:
https://abload.de/thumb/20190722215903_1-copitjk8m.jpg

Sarebbero collegamenti interessanti e graditi se inseriti in un contesto forte, "emancipato". In grado di rivaleggiare alla pari con l'originale. Nella povertà concettuale e rappresentativa che caratterizza Dark Souls 3, citazioni di questo tipo non fanno altro che esacerbare un confronto scomodo.
E' stato comunque bello ma la fine del fuoco è giunta.
Per fortuna.


A questo punto dovrei chiudere la riflessione con la mia caratteristica nota pessimistico-universale sul futuro di From Software. Peccato (meglio: per fortuna) sia arrivato tardi alla festa, Sekiro sia già realtà e Elden Ring -pur con tutte le perplessità del caso del caso- foriero di grossi cambiamenti.

lunedì 3 dicembre 2018

Xenoblade Chronicles 2


[...]

Come fai a non ricordarti la prima volta che un lampo ha illuminato la maschera opprimente di Mechonis? No spiega : D.
Ogni bit di quel dvd trasuda epicità allo stato puro...

Ma mettiamola anche solo sul piano del gamedesign: l'armonico legame tra gameplay e narrazione... tutto quello che fai ha una connotazione plausibile nell'universo di gioco, peraltro spiegato sempre in modo chiaro e diretto.
Rimane un gioco complesso ma in modo drammaticamente diverso dai sequel: un sistema sfaccettato che introduce nuove meccaniche, perfettamente innestate sull'impianto sottostante, anche dopo centinaia di ore di gioco.

X e Blade2 provano a fare la stessa cosa, la trippa c'è e non son certo qui a negarlo, manca il disegno generale, la sintonia fine tra tutte le parti.
Ciò che rende un gioco...immortale?


Blade2 ha un grosso potenziale inespresso, per via del lancio affrettato (gridano vendetta le cutscene, tremendo lo stacco qualitativo tra quelle ad alto e basso budget, ma come può Mamma permetterlo? : ( ).
Ma non solo, c'è anche di peggio... è tutto, come dire, artificiosamente lento, esasperante.
Minuti e minuti per abbattere nemici anche di dieci livelli sotto, minuti a bruciare decine di cristalli a vuoto, minuti a mandare i benedetti mercenari in culonia, minuti a trovare l'omino abilità vento +3 per attivare l'azione contestuale...
Sono scelte di gamedesign intenzionalmente stupide e, capperi, Mono mi è scaduta una volta di più : (.

Ricapitolo: una parte per il tutto.

- Verso la fine di Blade avevo una padronanza totale di qualsiasi aspetto inerente il sistema di combattimento.Ogni scontro era pura catarsi.
- Verso la fine di X... francamente non ci avevo capito ancora una mazza fioda.
- Verso la fine di Blade 2, sì... più o meno tutto chiaro. Ma il latte alle ginocchia?



Ripartiam senza la fame che morde: ciò che va bene.

I buoni sentimenti.
Sotto il mare non di nuvole ma di rumenta, le tette, le troppe sequenze che vorrebbero essere epiche ma che proprio non ce la si fa, cliché anime-o-rama da sangue agli occhi e alle orecchie, sotto a tutto questo sono tratteggiate personalità non banali e una storia d'amicizia.

I momenti dimenticabili sono tendenzialmente quelli in cui i protagonisti soffrono (si sfiora il ridicolo a tratti...), quando invece sono felici, scherzano, riflettono, dialogano, litigano, si assiste a qualcosa meritevole d'attenzione.

L'epilogo è l'emblema di tutto ciò.
Strano, improbabile, ma scalda il cuore.

Molto interessante il lavoro sul level design. Ogni titano fa storia a sé e la dedizione esplorativa viene puntualmente premiata.



L'apice creativo di questo progetto secondo me risiede nel suo lato gestionale.
Che però rappresenta anche lo scoglio che spesso e volentieri si frappone tra i joycon e il divertimento : D.
Si spiega col fatto che il prezzo d'ingresso è oggettivamente alto; sopportato il flagello, alleggeriti i lati più farraginosi con l'esperienza, si accede ad un immenso (è veramente impressionante quante cose ci abbian cacciato dentro) spettro di contenuti d'alta qualità. 
Si diceva di gestione: perché questo non è un jrpg, è uno spinoff di Xcom.
ORGANIZZARSI è la chiave di volta, il segreto per dominare questa bestia allo stato brado e, in ultimo, il modo migliore (l'unico, invero) per godersi il gioco.


Incastrare main e sub quest, obiettivi sbloccabili di più blade all'unisono, attività mercenarie, esplorazione/progressione in chiave metroidvania (averla inserita con profitto in spazi così ampi è quantomeno notevole) e ancora... ottimizzare specs, consumabili, party alla bisogna. 
Robba tosta, tostissima.

Maaaa li avete visti almeno
spoiler:
i cuginetti di Cthuhlu in Tantal?
No?
Avete giocato decisamente troppo poco.

Saluti

venerdì 8 giugno 2018

Doom

[Finito il 15 Apr 2018]
Fuor di dubbio.

Il filo rosso vien da lontano, dal 2003, da Metroid Prime e se qualcuno si fosse mai chiesto cosa avrebbe mai potuto fare Retro in un universo parallelo, ecco la risposta.


In ID gravitano sicuramente numerosi elementi dietro a quel capolavoro. Si vede nel tipo di estetica ricercata ma elegante, nel sistema di controllo rifinito e affidabile, nella cura incredibile delle animazioni, in alcune componenti di gioco uniche e caratteristiche del caposaldo Nintendo che chiunque abbia avuto modo di giocare entrambi ha collegato, più o meno coscientemente.

Non posso non menzionare tra le fonti d'ispirazione anche il filone Dead Space / System Shock.

Scontato, ma doveroso dirlo per completezza : ).


Mi è piaciuto il sistema di gioco, tutto "gira" come dovrebbe e le varie componenti ludiche sono strettamente interconnesse. Forse non il cerchio di Giotto, ma certamente si chiude, ed è cosa rara.

Non è sfaccettato come può essere un Resident Evil 4, pur prendendo certamente qualcosa da lì, ma proprio grazie a ciò mantiene la pulizia di Halo, facendo sua la sua formula dei cosiddetti "30 secondi di gameplay" e tutta la costruzione su bilanciamento e ritmo che viene al seguito.

Un pacchetto coeso e levigato che non manca della cosa in ogni caso più importante: essere Doom.

E c'è, c'è tutto: le orde, il caos controllato e la violenza catartica qui letteralmente *glorificata* e tramutata, addirittura, in pilastro fondante del gioco.


Mi è piaciuta la narrativa, una tensione tra tono tetro e autoironico che ha del miracoloso per come riesce ad armonizzare questi due lati.

E' se si vuole l'essenza del videogioco: se ti fermi un attimo e alzi la testa dallo schermo non ha il minimo senso, ma una volta che ti rituffi nella spirale demoniaca il Cyberdemone, certo che sì, non può che esser stato generato così come è detto nell'audiolog. E, povera la mucca rosa, è tanto temibile e odiosa quando ti carica ma non si fa fatica a credere che il suo filetto vada per la maggiore tra le alte sfere luciferine.

E si diceva poco fa di celebrazione dei classici, che diventano leggenda. Gente con le contropalle chi se ne esce così, a mio avviso:

[apra solo chi ha finito]
spoiler:
https://abload.de/img/doomx64vk_2018_04_15_ilpme.png
E2M8 : )
Ma quando vuole sa anche esser solenne: pochissimi personaggi, scrittura minimalista, non invasiva, come altro non potrebbe essere.
Tutti dannati e ben prima che l'inferno aprisse i battenti.
Dannati e... atavici, per la precisione.

Hayden: Responsabilità. Una mente sopraffina che sfida l'incarnazione stessa della morte
spoiler:
il cancro
e, pur senza scrupoli, ma resta il fatto che si faccia carico del destino dell'umanità. Imperscrutabile fino all'ultimo. Non è lo stereotipo dello scenziato pazzo, si percepisce tra le righe. Io ho provato stima.

Vega: Fedeltà. Io non lo so, avrà proferito quanto? Tre frasi in croce? Eppure
spoiler:
quando si è sacrificata per la causa a me è spiaciuto. Ed ho trovato interessante proprio il fatto che, pur dotata di libero arbitrio, ti abbia guidato, indefessa, ad ucciderla.
E quel ringraziamento da Hayden.. quanto la dice lunga?
Come dicevo altrove, il meno è più.


Olivia: Speranza. Il suo corpo distrutto, la sua espressione persa, la voce atona, parlano molto più di ciò che dice effettivamente.

L'orda: Vitalità. Sembra un paradosso, ma ho trovato qualcosa di inaspettato. Le sbandate delle mucche rosa quando vanno lunghe, le armoniose piroette degli Imp, le scene di follia decerebrata dei Posseduti quando ancora non si sono accorti della tua presenza, intenti a cercar di completare probabilmente la loro ultima azione interrotta in punto di morte, le urla folli, laceranti delle Summoner (non è facile ascoltare in mezzo alla bolgia, ma provateci), la furia inarrestabile degli Hell Knight. gli arieti dell'inferno.

Come reagiscono ai colpi e come, quando non reagiscono, la loro carne venga sistematicamente lacerata, le ossa spezzate, il sangue versato.

Sia quel che sia, io talvolta mi sono sentito molto più in colpa qua che in Shadow of the Colossus.
Il gioco non lo dice, ma presto o tardi lo fa capire chi sia davvero il demone. E ancora Hayden...
Sviluppi potenzialmente moooolto interessanti. Speriam che ID rimanga così atipicamente ispirata.


Mi sono piaciuti gli ambienti: articolati in modi a volte molto diversi gli uni dagli altri, con soluzioni estetiche spesso sorprendenti e col giusto equilibrio tra azione, perlustrazione ed esigenze narrative.

Come esempio virtuoso porterei *quel livello particolare* in cui si recupera quella *risorsa particolare* di alto valore storico, in *quel modo, come dire... da mission impossible*. Beh, lì ho avuto la riconferma che in ID si son mossi bene, eufemismo : ].


E poi, il feticismo del segreto; la scelta strategica di metterne un sacco in bella vista o quasi a mo' di cortina fumogena e, dietro questi, un secondo livello di contenuto bonus celato e, addirittura a volte, un terzo layer non documentato solo per i pazzi furiosi ossessivi come il sottoscritto.


Nei? Un paio.

Uno: le porte che si chiudono alle spalle definitivamente e/o i salti nel vuoto senza possibilità di risalita. E' una gestione poco trasparente soprattutto perché poco consistente: in alcuni livelli in realtà puoi tornare in ogni punto in ogni momento... ma non in tutti. Così si genera il dubbio nel giocatore di rimaner fregato, cozzando proprio col bellissimo sistema di bonus di cui sopra : D. Veniale.

Due: c'è una porzione tra -stimo- il 70% e il 90% lungo la scia di sangue lasciata dal Doomguy, in cui si va avanti e indietro (da dove a dove lo lascio scoprire a chi gioca) qualche volta di troppo. In quella porzione si è rischiato di rovinare tutto. Il sistema di gioco ha già dato tutto ed è lì-lì per mostrare il fianco, il level design si è fatto un pochino più lineare, il susseguirsi degli eventi perde coerenza e fatica a giustificare questa partita a ping pong.

Ma è la quiete prima della tempesta. Poi tutto torna al suo posto, in quello che a mio avviso è un grande epilogo per un gran gioco.

ID redenta, avanti così.

domenica 3 giugno 2018

The Witcher III: Wild Hunt

Finito in serata [2 dicembre 2017] (il gioco principale intendo).
Sono molto combattuto, diciam che riconfermo i grossi dubbi circa la virata freeroam di CDP.
Il costo è stato alto...

L'impegno è innegabile e lo apprezzo, ma hanno pesato come macigni le imperfezioni tecniche, la volatilità della messinscena, l'eccessivo riciclo (siano texture, personaggi ma anche interi villaggi o, perché no, quest; non ci si fa mancar nulla). A un certo punto mi sono arreso e ho accettato l'idea che sarebbe stato un continuo passare dallo status d'avanguardia a quello di retroguardia...

Il problema di Wild Hunt? E' scostante.
Privo di una visione d'insieme forte e, come molti altri suoi pari, si rivela essere un gioco costruito su un ambiente e non vice-versa.
Apparenza su sostanza, che lo show abbia inizio!
Passi da un bosco che sembra uguale a quello che hai a un tiro di schioppo da casa, al (pur bel) borgo di Copiacarbone che però sai già vedrai tale e quale da lì ai titoli di coda.
Un minuto prima assisti a recitazione digitale da manuale, quello dopo al ridicolo di Moby Dick bloccata a mezz'acqua nell'oceano...
Troppa, troppa approssimazione... in un gioco così realistico sono due dita negli occhi. Dovevan lavorarci ininterrottamente almeno per un altro anno... altro che DLC T__T. Oppure rimpiciolirne le dimensioni, il numero di personaggi, di intrecci, di quest.
E il dinamismo, il benedetto dinamismo che incensavo solo ieri in altra sede, quanto invece ha devastato lo stile dei Polacchi, annacquandolo?
Una quest ramificata non è una buona quest se ciò che racconta è banale o già visto/giocato : ). Ce la vogliamo bere davvero questa favoletta?

Nel merito del quest design... capisco le esigenze narrative, le dimensioni ciclopiche in gioco ma un appiattimento così radicale di ciò che (non) si fa ha del perverso. E' il sistema di gioco stesso, così poco scalabile, a porsi ben presto su un binario morto.
Ne hai la certezza quando negli eventi finali succedono un sacco di cose, ma tu assisti passivo o, se dice bene, prosegui per un corridoio.
Passando ad altro, non era necessario richiamare all'appello decine di personaggi illustri, per poi assegnar loro mezza battuta sì sagace, ma anche pretestuosa e magari perfino poco coerente con l'identità dell'interlocutore (e non parlo solo di personaggi secondari, ma di comprimari... ).
Infine dov'è sparito lo spietato realismo visto in precedenza, tanto alieno al mercato videoludico consueto? Solo io ho percepito la lunga mano del politicamente corretto made in u.s.a.?

Se è un gioco importante, e credo in fondo lo sia in qualche modo, è solo per via di un panorama generale desolante.

Credo mi rimarrà poco di questo gioco, sebbene speri di sbagliarmi. Il finale che mi è stato calato dall'alto però grida vendetta... pheega come si diceva la dinamicità, ma che c@zzo...
spoiler:
Geralt imborghesito proprio no. Quali scelte mi hanno portato a quel finale? Chi lo sa... discrezionalità ermetica polaccola... l'unica certezza è che è un epilogo che non sento mio, ma che è stato imposto arbitrariamente da altri.
In ogni caso dicevo... credo ricorderò la vastità dei boschi ^___^, il "miniaturismo" di alcuni scenari, la qualità del testo sempre ineccepibile (che però da sola non riesce comunque a risollevare una trama frammentaria e poco rispettosa del materiale d'ispirazione), il feticismo per armi, costumi, visi. Molti personaggi originali, sembrano persone (mentre come già detto, i "cameo" li ho trovati spessevolte fuori parte).

CDP ha dimostrato di saper fare mi meglio. Non spero che tornino alle origini, va bene osare ancora di più, ma perdiana che curino di più il dettaglio... e che si giochino Kotor, se non l'han fatto. Qualcosa da imparare lo hanno ancora : ).

mercoledì 26 luglio 2017

The Legend of Zelda: Breath of the Wild


La fine [26 luglio 2017].

Aonuma ha ottenuto l'impossibile: la redenzione incondizionata ai miei occhi.
La litania che recitava da vent'anni a questa parte, ripetuta allo sfinimento e puntualmente disattesa ogni volta, si è finalmente concretizzata: far rinascere la saga videoludica per antonomasia, ammazzandone la sua massima espressione.


Eiji, ce ne hai messo di tempo ma finalmente l'hai cacciato 'sto benedetto Zelda64.

Ocarina è morto, viva Ocarina.
Le fonti d'ispirazione che Breath or the Wild suggerisce sono innumerevoli e sicuramente tutte effettive. Per cominciare, la voglia di tornare alla semplicità senza fronzoli dell'86, nel mezzo -come sopra detto- l'esigenza di lasciarsi alle spalle il fardello di un passato recente sempre più in declino, infine, la curiosità di misurarsi con quel mondo alieno per Kyoto, vale a dire il videogioco concepito fuori da Nintendo e soprattutto fuori dal Giappone. Con addirittura un occhio di riguardo per le avanguardie indipendenti che la fanno da padrone nel gioco da computer contemporaneo.


Ad essere meno facilmente spiegabile e indubbiamente affascinante è la genesi anticonvenzionale del ‘collante’ che unisce queste tre pulsioni contrastanti. Un contributo così dirompente me lo sarei aspettato da Cd Projekt Red (ma non è arrivato), da... Nintendo?
Contributo ottenuto armonizzando all’unisono molteplici tratti ludici che, in passato e presi singolarmente, sono bastati a consegnare alla storia i rispettivi giochi che di volta in volta li introducevano. Senza mezzi termini: un traguardo niente di meno che straordinario.


Segue supercazzola hipster-engrish-videoludica, ma ribadire quello che è già sotto gli occhi di tutti a volte è illuminante. Conciso e dritto al punto.

  • Emergent gameplay, 
  • level design sandboxed, 
  • dynamic mission design, 
  • dynamic storytelling, 
  • freeroam, 
  • survival, 
  • physics simulation.

Molti giochi hanno incorporato a tavolino una di queste componenti, non facendo altro che aggiungere un insignificante +1. Pochi hanno fatto colloquiare più voci della lista della spesa di cui sopra, ma quando per caso ci si è riusciti… capita che se ne parli tuttora.
Ricordo un gioco che è arrivato addirittura ad unire 3 puntini e Microsoft ha fatto -giustamente- ricco il detentore del lapis e le 10 generazioni che gli succederanno (ammesso che qualcuno gli succeda, misogino com’è).


Ma non mi risulta che nessuno, mai, prima del 3 marzo 2017, abbia anche solo tentato di completare il disegno.
Credo -spero... di non sbrodolare ed è fuori di dubbio che questa mia soffra per forza di cose di 'recentismo’- che il sistema che regola e dà forma a questa improbabile Hyrule del futuro-passato sia la vetta più alta raggiunta dal videogioco tutto. Prot.

Il fatto che tal traguardo sia raggiunto da una serie storica in crisi, che rinasce con tale possanza come un’araba fenice dovrebbe donare a tutta l'operazione un valore aggiunto. In realtà non importa e, anzi, se il nome fosse stato un altro, l'ipotetico gioco avrebbe avuto ancor più eco, se possibile.


In questo gioco hai bisogno di mangiare

Non si arriva all’amato parossismo di zia From, ma finché non impari le regole della selvaggia Hyrule postapocalittica e/o se giochi con sufficienza, sono dolori.


Dunque, si diceva, il companatico: una buona mela!
Mi arrampico sul tronco e la raccolgo. Baaah che palle, ci metto troppo… e poi piove e scivolo. Mela… Newton… gravità... una martellata al tronco? Profit, buone! 
Mi mancano ancora due cuoricini, non ho più il martello che si è scassato e non voglio colpire il tronco con la spada che faccio male all'alberello generoso : (. 
Aspetta… vuoi vedere? L’arco ce l’ho, le frecce pure… Guglielmo Tell mi fa una pippa!
Urca, ci sono dei Bokoblin scappaaaa!!! Ma perché non mi inseguono? Che cavolo stanno facendo vicino all’albero? Non osate magnarmi le mele vi affetto le chiappe! 
Carica > salto+X > cuocio i nemici con la spada fiammeggiante… ma anche l’ultima mela ancora appesa sull’albero subisce la stessa sorte (nella traiettoria ad arco, in salto, la punta della spada ha toccato il frutto).


Credo di potermi fermare, il processo induttivo è di facile portata per chiunque.
Vorrei solo chiudere mettendo il punto su una dote che forse passa sottotraccia: Breath of the Wild è un gioco spietato prima di tutto con se stesso, perché non dà mai nulla di assodato, definitivo. Un esempio? La curva di resistenza delle Armi. Croce e delizia, è IL metronomo del gioco.
Ciò che si gioca la prima ora non è ciò che si gioca nelle dieci successive, ciò che si è giocato in quelle dieci non c’entra nulla con le cento ancora dopo e men che meno col cosiddetto end game che è proprio un altro mestiere.
Piccole ma perenni mutazioni che a distanza di ore cambiano il modo di approcciare il gioco; un bilanciamento trasversale, arguto, universale, immanente in ogni sua parte. 
Una scalabilità, un gioco totale.


Ah, e grazie per quel finale. Benedetta Mono, Hylia le arride.

mercoledì 20 luglio 2016

Xenoblade Chronicles X

Finito anche io ieri sera [12 luglio 2016].
Finito... per modo di dire, ovviamente.

Ne avrò ancora per qualche settimana, cercando di arrivare a una % di completamento soddisfacente.



Cosa dire? Il confronto con l'ingombrante, iconico, fresco predecessore è inevitabile e trovo che X perda, e di misura, nel confronto con Chronicles.

Chronicles è stato un punto di svolta per il jrpg moderno e più in generale sono convinto abbia lasciato il segno nel videogioco tutto, grazie soprattutto alla sua prorompente presentazione.
Il suo è un immaginario assoluto, perché archetipico. Ne ho parlato in questi anni a molte persone e chiunque, senza nemmeno averlo mai visto, senza magari nemmeno aver l'abitudine a prendere in mano un pad, è rimasto ugualmente affascinato.
C'è poco da fare, per Monolith è il gioco della vita. Difficile ripetersi allo stesso livello ricalcando la stessa strada, senza risultare ridondanti.



Monolith questo lo ha sempre saputo e X è frutto di questa consapevolezza cristallina.
Purtroppo, mai come in questo caso tra il dire e il fare c'è di mezzo il male...

La pulsione di Takahashi di distanziarsi il più possibile da Chronicles, ottusamente, senza mai girarsi indietro, ha prodotto un autentico mostro.
Un mostro in dimensione e in complessità, così come nel numero di occasioni mancate (consapevolmente o meno, a seconda dei casi).
Ciò che più sorprende è che il progetto non è sfuggito di mano, come accade quasi sempre. Del resto non si può certo dire che abbiano tagliato alcunché (al massimo ci sarebbe stato da augurarsi il contrario; una sfoltita avrebbe aiutato? Non so), semplicemente  la mole di contenuto è consegnata 'così com'è' e poi son cazzi tuoi.
Non è superficialità: Mono ha regalato al giocatore una cappella Sistina costruita a regola d'arte, colori e pennelli di prima qualità.
Non di meno, INTENZIONALMENTE, nessuna specifica su cosa disegnare.

Qualsiasi_cosa_ va_bene.



Peccato che la libertà assoluta e il cervello umano non vadano molto d'accordo. È spaventoso.

Inoltre, è un gioco talmente diverso che porta a credere che forse il bagaglio di Chronicles sia più un ostacolo, che un aiuto. Meglio cancellare tutto e partire a mente libera per approcciarvisi nel migliore dei modi.



Ha funzionato?
La testa mi dice di sì, è un esperimento talmente ardito che è difficile non provar, al peggio, genuina curiosità.
Il cuore sentenzia no, senza mezzi termini. Troppo, troppo freddo, impersonale. Ed è un peccato mortale : (. Il finale con una 'spiega' convinta anzichéno, sa più di beffa che altro e vien da sé che non riesca e non possa in alcun modo controbilanciare tutto il viaggio che ha portato fino a lì.
Un viaggio un po' mimosomico, di... plastica : ).



Sappiamo già che Takahashi ha realizzato che la sua missione è altra, e questo mi dà un grosso sollievo.
Spero solo che N investa maggiormente in Mono. Uno Xeno col budget di un GTA e a metà strada tra X e Chronicles... un videogiocatore può sognare *_*.



giovedì 10 luglio 2014

Lone Survivor

Finito [06 ottobre 2013].

Giocato nelle giuste condizioni sa essere veramente ansiogeno. Specialmente quando ancora non si è capito bene come vanno gestiti il cibo e le altre risorse.
Da un certo punto in poi però (ossia quando si impara a giocare) secondo me Lone Survivor perde parecchio d'appeal.


Nell'ordine (leggere solo a gioco finito, altrimenti significa uccidersi l'esperienza : ) ):
spoiler:
- i mostri sono due -praticamente di numero- e li si può rigirare come calzini; in sostanza... non esiste una sfida vera e propria e ciò nullifica tutta la scorza survivor. Aggiungiamoci inoltre che...
- ...le risorse (cibo, proiettili, torcia) sono infinite. Il sistema economico è meno banale di quanto si pensi e molto interessante è come lo stesso sia stato radicato in lungo e in largo nelle aree di gioco. Grande idea, peccato che non serva a nessuno, in termini meramente ludici.


Questi due fattori non possono che indebolire la capacità del gioco di incutere timore per mezzo del gameplay. E ciò è male : ). A mancare è, in sostanza, la sintonia fine della curva di difficoltà.
Nelle intenzioni dell'autore, le veci di quest'ultima sono prese in carico dall'
spoiler:
etica che il giocatore *dovrebbe* porsi. Cosa è giusto fare e cosa no?
Peccato che l' ermetismo senza compromessi del gioco faccia un po' a cazzotti con questo intento. Prima che ci si renda conto di cosa sarebbe stato meglio fare, i titoli di coda già scorrono a schermo ^__^.


Ciò detto, questo indie ha al suo arco altre frecce e complessivamente riesce sino alla fine a mantenere la giusta aura disturbante. Forse solo un po' meno aggressiva di quanto ci si sarebbe aspettati. Le considerazioni tratte poco sopra sporcano parzialmente un quadro altrimenti di prim'ordine.
Kudos per le innumerevoli chicche disseminate un po' ovunque.

In generale, come videogioco a sé stante è deboluccio. Come esperienza horror è ottimo. Come corollario a Silent Hill è un capolavoro.

Protip: da giocare in modalità esperto (che sarebbe un no-hud).

mercoledì 13 giugno 2012

Svegliaaaalan


Finito [19 Marzo 2012]! O almeno così credo °__°.

Dovessi valutare il pacchetto base sarei tendenzialmente caustico. Giocabilità e level design hanno un andamento sorprendentemente affine l'una con l'altro (sia in positivo, che in negativo –più avanti ci torno sopra), la narrazione invece procede con più autonomia ed omogeneità, lasciandosi andare a qualche licenza di troppo solo nell'epilogo. Deficienze in ogni caso colmate di misura con i due atti aggiunti in post-mortem: un quadro che complessivamente mi ha soddisfatto, con qualche riserva e una lacrimuccia piccola-piccola di rimpianto.


Si diceva di giocabilità.
Funziona, molto bene: una manciata di trovate ingegnose, originali e nondimeno realizzate con perizia, nonostante il telefonatissimo contesto action nel quale sono inserite. Il contrasto tra nuovo e vecchio risulta soddisfacente, senza dubbio.
Spiccano certamente l'intelligenza artificiale e gli strumenti d'illuminazione. I due concept, guarda caso,

spoiler:
ritratti sulla lavagnetta-cameo del gamedesigner nella casa di cura (facile immaginare che Alan Wake tutto sia scaturito proprio da quello schizzo a penna).


Peccato che Remedy sia incappata nello stesso guaio che minò Max Payne: la formula regge egregiamente per almeno tre capitoli, dopo di che, purtroppo, si assiste ad un inevitabile declino da assuefazione. In uno sparatutto hardboiled la cosa pesa fino ad un certo punto, ma in un gioco a tinte "orroristiche" (passatemi il temine :'D) la prevedibilità è quanto mai deleteria...


Non è affatto scontato che il minimalismo ludico, ormai a pieno titolo marchio di fabbrica dei finlandesi, debba per forza sfociare nella stanca reiterazione. Occorre però che level e mission design concorrano a variare, rispettivamente, ritmo e azioni contestuali che il giocatore è chiamato a sperimentare. Purtroppo mi duole constatare come Remedy non sia riuscita nemmeno in questo caso a gestire un vecchio limite a lei familiare.
E' assolutamente adorabile la metodologia deduttiva (dal generale al particolare) con la quale sono stati ricavati gran parte dei livelli (di solito accade il contrario); impossibile del resto non percepire la scala monumentale e credibile che fa da cornice al viaggio da incubo del buon Alan, inutile cercar di descrivere a parole ciò di cui tutti siam consci, delegherò il compito a qualche immagine (spero) ben selezionata; ben presto però, oltrepassata la metà dell'avventura, si avverte che lo standard di qualità e /o l'inventiva medesima vadano scemando. Una flessione lieve, beninteso, nulla di tragico, ma non di meno avvertibile. Emblematico in tal senso l' epilogo: cacofonico, rocambolesco e... fuori posto.

Altrettanto significativi i DLC, sebbene in senso diametralmente opposto: The Signal come interessante ma controversa crisalide, The Writer la splendida farfalla. Grazie a queste due graziose perle il Thriller Psicologico scongiura la disfatta, assestandosi su livelli ben più dignitosi.


Narrazione.
Bravissimi Sam Lake e Mikko Rautalahti.
Il quarto atto dal punto di vista del "giocato" segna, come detto, un punto di flessione; di paripasso però, paradossalmente, è proprio qui che il canovaccio decolla, mettendo ordine tra i vari tasselli che compongono l'arcano. Della leggerezza sulla chiusura originaria si è già accennato, perdonabile col senno di poi. Del resto, scoprirsi ad indugiare, spinti dal desiderio di scoprire come andrà a finire, è una fausta rarità di questi tempi : *.

Brava e bella Remedyona, ma che si riparta tassativamente da qui, dai tuoi cavalli di battaglia!


Note sparse:

-Barry "flaming eye of Mordor" Wheeler -> mito, mi ha fatto veramente sganasciare. I comprimari non sono da meno. Remedy si riconferma una romanziera di razza.
-Un'ulteriore nota di merito per Bright Falls: probabilmente meritava un trattamento migliore, che non l'essere relegata a mo' di favoloso "set cinematografico". Sia quel che sia... stupenda *.* .
-Tecnologia diddio. Cazzo, il motore è al livello del Cryengine. Chissà cosa vi avrebbero cavato se AW fosse rimasto su PC... . La butto lì: con uno streaming più robusto, quanto sarebbe stato interessante ad esempio affrontare degli "endurance" dal tramonto all'alba? O, in generale, quanto ne avrebbe guadagnato il fattore immersione da transizioni più morbide (leggi: giocate e senza cutscene marce) tra un'ambientazione e l'altra? [ecco il rimpianto cui menzionavo inizialmente]
-Sonoro: maremma ladra i bassi, mostruosi o__O.
-Tassellazione terreno: strana : D. Sarà che venire dallo standard "zolla di terra per zolla di terra, ti modello tutto ammano" di Dear Esther acutizzi visivamente il problema. Di certo erano parecchi anni che non mi capitava di assistere ad una modellazione a breve distanza a spigolo vivo. Dopo un po' non ci si fa più caso, ma sulle prime sono rimasto basito :'D. Giochi di innumerevoli anni fa (Morrowind? HL2?) si comportano molto meglio.

martedì 24 aprile 2012

Bocciolo, Nocciola, Rametto, Funghetto, Pistillo.


[Botanicula 20.04.12, prime impressioni]
Provicchiato per un'oretta.
E'... strano, schizzatissimo. E' come se Lynch avesse per errore ingoiato 1 chilo di miele, e fatto pace con l'universo x°°°D.
Conserva ancora i connotati di base dell'avventura grafica, ma è molto meno cervellotico di Machinarium.
Inoltre
spoiler:
integra anche una componente collezionistica. Non l'ho ancora inquadrata benissimo, ma immagino sia concepita per incentivare l'esplorazione. Gradevole&stuzzicante. Non anticipo nulla, vedrete : *.
I livelli sono ramificati, in tutti i sensi e le estensioni del termine :'D. Diciamo insomma che ci sono della macrozone, all'interno delle quali ci si può muovere liberamente e una volta completato l'obiettivo, si passa all'area successiva. Questa è grossomodo la strutturazione dell'avventura, se ci ho visto giusto.

C'è anche una larga componente narrativa, se così si può dire, con sequenze filmate incantevoli *.* .


Peccato purtroppo per il flash, secondo me penalizza un po' l'art-direction. Machinarium con quel suo stile inchiostrato vi si adattava tutto sommato bene. Botanicula, facendo uso di gradienti soffusi, trasparenze e sfumature a go-go mostra il fianco a compressioni e "banding" di colore.

Ehi, specifico: E' SPLENDIDO (check galleryeye a breve). Forse però Amanita a 'sto giro avrebbe fatto meglio a dotarsi di una piattaforma più robusta.


[24.04.12, commento finale]
spoiler:
L'ultimo atto è S-P-L-E-N-D-I-D-O, sotto ogni profilo: ludico, visivo und sonoro Q___Q.
Di più: secondo me è la summa perfetta, il manifesto, della filosofia di gioco che muove Botanicula tutto.
Finito pure io e confermo tutte le impressioni fatte qualche giorno fa: è un'avventura più "leggera" rispetto a Machinarium, sia in termini di difficoltà che di ritmo. Attenzione! Ciò non equivale a dire che Botanicula sia banale! Il tasso di sfida è ben lontano dall'inoffensività, al contrario è calibrato con certosina attenzione; incalza il giusto ma con misura, senza mai esagerare. Di conseguenza la risoluzione degli enigmi è meno compassata, più frizzante. Si aggiunga una maggiore predilezione verso un'enigmistica leggermente più improntata all'abilità manuale, e non di meno legata simbioticamente al delizioso accompagnamento sonoro e il quadro è completo: un'esperienza sinestetica, che intrattiene (nell'autentico senso del termine) donando all'astante la cosiddetta "pace dei sensi".


Un videogioco divertente e divertito, sono certo che Amanita stessa si sia fatta grosse risate durante lo sviluppo. Si avverte, eccome : ).

Unico neo, come già accennavo, la piattaforma tecnologica. E' lampante che a tratti faccia fatica a sostenere la visione estetica (*) del team Ceco. Speriam che in futuro gli sviluppatori decidano finalmente di fare il "grande" salto. Che poi così grande non è, in realtà.


(*) e in alcuni frangenti, esattamente come in Machinarium, di questi limiti ne risente anche il gioco (vedasi impasse sporadici di interfacciamento e simulazione fisica). Seppur in maniera largamente trascurabile, a mio avviso.