mercoledì 26 luglio 2017

The Legend of Zelda: Breath of the Wild


La fine [26 luglio 2017].

Aonuma ha ottenuto l'impossibile: la redenzione incondizionata ai miei occhi.
La litania che recitava da vent'anni a questa parte, ripetuta allo sfinimento e puntualmente disattesa ogni volta, si è finalmente concretizzata: far rinascere la saga videoludica per antonomasia, ammazzandone la sua massima espressione.


Eiji, ce ne hai messo di tempo ma finalmente l'hai cacciato 'sto benedetto Zelda64.

Ocarina è morto, viva Ocarina.
Le fonti d'ispirazione che Breath or the Wild suggerisce sono innumerevoli e sicuramente tutte effettive. Per cominciare, la voglia di tornare alla semplicità senza fronzoli dell'86, nel mezzo -come sopra detto- l'esigenza di lasciarsi alle spalle il fardello di un passato recente sempre più in declino, infine, la curiosità di misurarsi con quel mondo alieno per Kyoto, vale a dire il videogioco concepito fuori da Nintendo e soprattutto fuori dal Giappone. Con addirittura un occhio di riguardo per le avanguardie indipendenti che la fanno da padrone nel gioco da computer contemporaneo.


Ad essere meno facilmente spiegabile e indubbiamente affascinante è la genesi anticonvenzionale del ‘collante’ che unisce queste tre pulsioni contrastanti. Un contributo così dirompente me lo sarei aspettato da Cd Projekt Red (ma non è arrivato), da... Nintendo?
Contributo ottenuto armonizzando all’unisono molteplici tratti ludici che, in passato e presi singolarmente, sono bastati a consegnare alla storia i rispettivi giochi che di volta in volta li introducevano. Senza mezzi termini: un traguardo niente di meno che straordinario.


Segue supercazzola hipster-engrish-videoludica, ma ribadire quello che è già sotto gli occhi di tutti a volte è illuminante. Conciso e dritto al punto.

  • Emergent gameplay, 
  • level design sandboxed, 
  • dynamic mission design, 
  • dynamic storytelling, 
  • freeroam, 
  • survival, 
  • physics simulation.

Molti giochi hanno incorporato a tavolino una di queste componenti, non facendo altro che aggiungere un insignificante +1. Pochi hanno fatto colloquiare più voci della lista della spesa di cui sopra, ma quando per caso ci si è riusciti… capita che se ne parli tuttora.
Ricordo un gioco che è arrivato addirittura ad unire 3 puntini e Microsoft ha fatto -giustamente- ricco il detentore del lapis e le 10 generazioni che gli succederanno (ammesso che qualcuno gli succeda, misogino com’è).


Ma non mi risulta che nessuno, mai, prima del 3 marzo 2017, abbia anche solo tentato di completare il disegno.
Credo -spero... di non sbrodolare ed è fuori di dubbio che questa mia soffra per forza di cose di 'recentismo’- che il sistema che regola e dà forma a questa improbabile Hyrule del futuro-passato sia la vetta più alta raggiunta dal videogioco tutto. Prot.

Il fatto che tal traguardo sia raggiunto da una serie storica in crisi, che rinasce con tale possanza come un’araba fenice dovrebbe donare a tutta l'operazione un valore aggiunto. In realtà non importa e, anzi, se il nome fosse stato un altro, l'ipotetico gioco avrebbe avuto ancor più eco, se possibile.


In questo gioco hai bisogno di mangiare

Non si arriva all’amato parossismo di zia From, ma finché non impari le regole della selvaggia Hyrule postapocalittica e/o se giochi con sufficienza, sono dolori.


Dunque, si diceva, il companatico: una buona mela!
Mi arrampico sul tronco e la raccolgo. Baaah che palle, ci metto troppo… e poi piove e scivolo. Mela… Newton… gravità... una martellata al tronco? Profit, buone! 
Mi mancano ancora due cuoricini, non ho più il martello che si è scassato e non voglio colpire il tronco con la spada che faccio male all'alberello generoso : (. 
Aspetta… vuoi vedere? L’arco ce l’ho, le frecce pure… Guglielmo Tell mi fa una pippa!
Urca, ci sono dei Bokoblin scappaaaa!!! Ma perché non mi inseguono? Che cavolo stanno facendo vicino all’albero? Non osate magnarmi le mele vi affetto le chiappe! 
Carica > salto+X > cuocio i nemici con la spada fiammeggiante… ma anche l’ultima mela ancora appesa sull’albero subisce la stessa sorte (nella traiettoria ad arco, in salto, la punta della spada ha toccato il frutto).


Credo di potermi fermare, il processo induttivo è di facile portata per chiunque.
Vorrei solo chiudere mettendo il punto su una dote che forse passa sottotraccia: Breath of the Wild è un gioco spietato prima di tutto con se stesso, perché non dà mai nulla di assodato, definitivo. Un esempio? La curva di resistenza delle Armi. Croce e delizia, è IL metronomo del gioco.
Ciò che si gioca la prima ora non è ciò che si gioca nelle dieci successive, ciò che si è giocato in quelle dieci non c’entra nulla con le cento ancora dopo e men che meno col cosiddetto end game che è proprio un altro mestiere.
Piccole ma perenni mutazioni che a distanza di ore cambiano il modo di approcciare il gioco; un bilanciamento trasversale, arguto, universale, immanente in ogni sua parte. 
Una scalabilità, un gioco totale.


Ah, e grazie per quel finale. Benedetta Mono, Hylia le arride.

Nessun commento: